Scritto da un blogger con la schiena dritta e zero peli sulla lingua.
C’è stato un tempo, non troppo lontano, in cui l’Italia dettava lo stile, l’innovazione e il ritmo al mondo. Un’Italia che non aveva bisogno di vincoli asfissianti, di direttive cervellotiche o di una burocrazia europea soffocante per brillare. C’era la Lira, sì, e magari si era anche “più poveri” in senso assoluto. Ma eravamo ricchi di qualcosa che oggi ci è stato sottratto con chirurgica precisione: identità, creatività e coraggio imprenditoriale.
Oggi, in nome di un’Unione Europea che pretende omologazione e uccide la diversità nazionale sotto un mare di regolamenti, l’Italia è stata trascinata in un pantano di immobilismo economico, culturale e produttivo.
Dall’Olivetti a Termini: Quando l’Italia Era Avanti
Negli anni in cui la Lira circolava nelle nostre tasche, l’Italia mandava messaggi chiari al mondo: “siamo un faro di innovazione.”
Olivetti apriva negozi a New York, mentre Apple era solo un’idea nella mente di un giovane sconosciuto. Senza un euro, senza vincoli UE, senza troika né MES, costruivamo la Stazione Termini, all’epoca una delle più moderne d’Europa. E lo facevamo con visione, talento e senza dover rendere conto a nessun burocrate di Bruxelles.
E oggi? Oggi per rifare un marciapiede servono tre conferenze dei servizi, una valutazione d’impatto ambientale e il via libera di qualche commissario europeo che non ha mai messo piede in Italia.
Ferrari, Alfa Romeo, Pininfarina: Il Mito Era Italiano
C’erano anni in cui le strade del mondo sognavano italiano. Ferrari Dino, Alfa Romeo Montreal, Lancia Fulvia... Auto pensate, progettate e costruite in Italia che parlavano al cuore delle persone. Erano il simbolo di un Paese che osava. E il mondo ci guardava con ammirazione.
La scuola di design italiana, con nomi come Pininfarina, plasmava l’immaginario cinematografico e culturale globale. Quello era soft power. Quella era leadership vera, non le chiacchiere europeiste sul green deal imposto e l’economia a colpi di sussidi pilotati.
Gli Autogrill e le Autostrade: Fatto in Italia, senza l’Europa
Persino le infrastrutture parlavano chiaro: le autostrade italiane erano piene di autogrill, simboli di un’Italia industriale e visionaria, costruiti senza un solo euro di fondi comunitari. Erano luoghi vivi, autentici, simboli di un’Italia che sapeva unire turismo, design, architettura e commercio. Oggi, invece, il paesaggio autostradale è lo specchio di un Paese inceppato, dove ogni nuova opera è bloccata da vincoli normativi o dalla paura di perdere qualche punto di PIL nel famigerato “Patto di Stabilità”.

Il Prezzo dell’Omologazione
L’Unione Europea ha portato con sé una promessa mai mantenuta: unire senza cancellare. Ma la realtà è che l’Italia, come altre nazioni del Mediterraneo, è stata sacrificata sull’altare dell’uniformità economica e culturale. Le nostre eccellenze sono state svendute, il nostro tessuto imprenditoriale schiacciato dalla concorrenza drogata del nord Europa, e le nostre menti costrette a emigrare.
Abbiamo rinunciato alla sovranità monetaria, industriale e – cosa ben più grave – alla nostra identità creativa.
Serve un Risveglio
Non si tratta di nostalgia, ma di memoria. E la memoria ci dice che l’Italia, quando libera di essere sé stessa, ha saputo incantare il mondo. Serve un risveglio collettivo. Un ritorno al coraggio di dire “no” a chi ci vuole omologati, silenziosi e controllabili. Serve una nuova stagione di libertà, di inventiva, di “follia italiana” – quella che costruisce miracoli senza chiedere permesso a Bruxelles.
Perché se continuiamo su questa strada, perderemo tutto ciò che ci rende unici. E in un’Europa di grigi e regole, l’Italia non può e non deve diventare solo un’altra provincia periferica dell’Impero Tecno-Burocratico.
L’Italia non è nata per essere conforme. L’Italia è nata per stupire.
E se ce lo lasciano fare ancora una volta, il mondo lo ricorderà.

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