FACCIAMO CHIAREZZA SUI REFERENDUM!

Pubblicato il 7 giugno 2025 alle ore 09:43

Gli Effetti Nefasti dei Sì ai Referendum: Un'Analisi Critica

I referendum sono diventati uno strumento sempre più utilizzato per esprimere la volontà popolare su questioni di rilevanza nazionale e locale. Tuttavia, l'adozione di un approccio "sì" acritico nei confronti di questi strumenti democratici può portare a conseguenze inaspettate e, talvolta, nefasti effetti.

 

In primo luogo, la semplificazione eccessiva delle questioni complesse è uno dei principali rischi associati ai referendum. Spesso, le domande poste agli elettori sono formulate in modo tale da ridurre temi intricati a scelte binarie, ignorando le sfumature e le implicazioni a lungo termine. Questo può portare a decisioni che non riflettono realmente la volontà informata della popolazione, ma piuttosto una reazione emotiva o una risposta a campagne di disinformazione.

In secondo luogo, i referendum possono alimentare divisioni sociali. Quando una questione viene sottoposta a voto, le opinioni si polarizzano, creando un clima di conflitto tra le diverse fazioni. Questo non solo mina la coesione sociale, ma può anche portare a un aumento della tensione politica, con conseguenze negative per la stabilità del paese.

Inoltre, l'uso strategico dei referendum da parte dei politici può distorcere il processo democratico. In alcuni casi, i leader possono convocare referendum per legittimare decisioni già prese o per deviare l'attenzione da problemi più urgenti. Questo solleva interrogativi sulla genuinità della consultazione popolare e sulla vera natura della democrazia.

Infine, è importante considerare l'impatto a lungo termine delle decisioni prese tramite referendum. Le conseguenze di un voto possono rivelarsi dannose per l'economia, l'ambiente e i diritti civili, ma una volta che una decisione è stata presa, può essere difficile tornare indietro. La mancanza di un meccanismo di revisione o di correzione può portare a situazioni in cui le scelte sbagliate rimangono in vigore per anni, se non decenni.

 

In conclusione, mentre i referendum possono rappresentare un'importante espressione della volontà popolare, è fondamentale approcciarli con cautela e responsabilità. Un "sì" acritico può avere effetti nefasti, e la democrazia richiede un'informazione adeguata, un dibattito aperto e una considerazione attenta delle conseguenze. Solo così possiamo garantire che le decisioni prese riflettano realmente il bene comune e non siano il risultato di scelte impulsive o manipolate.



Vediamo nello specifico i cinque questi:

 

 

Quesito n. 1 - «Contratto di lavoro a tutele crescenti – Disciplina dei licenziamenti illegittimi: Abrogazione»

Testo del quesito«Volete voi l’abrogazione del d.lgs. 4 marzo 2015, n. 23, recante “Disposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183” nella sua interezza?»

quindi vi chiedono di abrogare “NELLA SUA INTEREZZA” un articolo di legge che prevede TUTELE CRESCENTI per i lavoratori! Vi sembra corretto? Cioè volete meno tutele?

L'abrogazione di questa legge "nella sua interezza" potrebbe essere vista come un passo indietro nella protezione dei diritti dei lavoratori. Le tutele crescenti, infatti, offrono un certo grado di sicurezza ai lavoratori, poiché prevedono un aumento delle indennità di licenziamento in base alla durata del rapporto di lavoro. Abrogare queste disposizioni potrebbe portare a una maggiore precarietà e insicurezza per i lavoratori, specialmente per quelli con contratti a tempo indeterminato.

In sintesi, la questione non è solo se si voglia meno tutele, ma piuttosto quale equilibrio si desideri raggiungere tra flessibilità per i datori di lavoro e protezione per i lavoratori. È fondamentale considerare le conseguenze a lungo termine di una tale abrogazione e come essa possa influenzare il mercato del lavoro e la vita dei lavoratori.

 

 

 

 

Quesito n. 2 - «Piccole imprese – Licenziamenti e relativa indennità: Abrogazione parziale»

Testo del quesito«Volete voi l’abrogazione dell’articolo 8 della legge 15 luglio 1966, n. 604, recante “Norme sui licenziamenti individuali”, come sostituito dall’art. 2, comma 3, della legge 11 maggio 1990, n. 108, limitatamente alle parole: “compreso tra un”, alle parole “ed un massimo di 6” e alle parole “La misura massima della predetta indennità può essere maggiorata fino a 10 mensilità per il prestatore di lavoro con anzianità superiore ai dieci anni e fino a 14 mensilità per il prestatore di lavoro con anzianità superiore ai venti anni, se dipendenti da datore di lavoro che occupa più di quindici prestatori di lavoro.”?»



Ci avete capito qualcosa? Capite o no che sono questioni talmente tecniche che non possono essere regolamentate con un referendum?

La complessità delle questioni tecniche come quella dei licenziamenti e delle indennità riguarda aspetti molto specifici della legislazione sul lavoro, ed è difficile da comprendere per chi non è esperto in materia.

Il referendum è uno strumento democratico che permette ai cittadini di esprimere la propria opinione su questioni importanti, ma quando si tratta di norme giuridiche così dettagliate, è comprensibile che ci siano dubbi sulla loro adeguatezza per un voto popolare. Le leggi sul lavoro, in particolare, richiedono una comprensione approfondita delle implicazioni economiche e sociali, e spesso è necessario un dibattito più ampio e informato.

Inoltre, le questioni tecniche possono essere influenzate da vari fattori, come il contesto economico e le esigenze delle piccole imprese, che potrebbero non essere facilmente riassumibili in un semplice "sì" o "no".







Quesito n. 3 -  «Abrogazione parziale di norme in materia di apposizione di termine al contratto di lavoro subordinato, durata massima e condizioni per proroghe e rinnovi» 

Testo del quesito«Volete voi l’abrogazione dell’articolo 19 del d.lgs. 15 giugno 2015, n. 81 recante “Disciplina organica dei contratti di lavoro e revisione della normativa in tema di mansioni, a norma dell’articolo 1, comma 7, della legge 10 dicembre 2014, n. 183”, comma 1, limitatamente alle parole “non superiore a dodici mesi. Il contratto può avere una durata superiore, ma comunque”, alle parole “in presenza di almeno una delle seguenti condizioni”, alle parole “in assenza delle previsioni di cui alla lettera a), nei contratti collettivi applicati in azienda, e comunque entro il 31 dicembre 2024, per esigenze di natura tecnica, organizzativa e produttiva individuate dalle parti;” e alle parole “b bis)”; comma 1 -bis , limitatamente alle parole “di durata superiore a dodici mesi” e alle parole “dalla data di superamento del termine di dodici mesi”; comma 4, limitatamente alle parole “,in caso di rinnovo,” e alle parole “solo quando il termine complessivo eccede i dodici mesi”; articolo 21, comma 01, limitatamente alle parole “liberamente nei primi dodici mesi e, successivamente,”?»



Cosa ci avete Capito? Siete sicuri che sia un bene per i lavoratori?

Il quesito riguarda l'abrogazione parziale di alcune norme del decreto legislativo n. 81 del 2015, che regolano i contratti di lavoro subordinato, in particolare per quanto riguarda la durata massima e le condizioni per proroghe e rinnovi.

Analizzando il contenuto del quesito, si può notare che l'abrogazione proposta mira a modificare le limitazioni attualmente in vigore, che stabiliscono un termine massimo di dodici mesi per i contratti a tempo determinato, con possibilità di proroghe solo in presenza di specifiche condizioni.

Da un lato, l'abrogazione di queste norme potrebbe essere vista come un'opportunità per le aziende di avere maggiore flessibilità nella gestione della forza lavoro. Questo potrebbe facilitare l'assunzione di personale in periodi di picco o per progetti specifici, senza le restrizioni attuali. Tuttavia, è importante considerare anche le implicazioni per i lavoratori.

Dal punto di vista dei diritti dei lavoratori, l'abolizione di queste limitazioni potrebbe portare a una maggiore precarietà. Senza un termine massimo chiaro, i lavoratori potrebbero trovarsi in contratti a tempo determinato per periodi prolungati senza la certezza di una stabilizzazione. Questo potrebbe influire negativamente sulla loro sicurezza economica e sulla pianificazione a lungo termine della loro vita lavorativa.

Inoltre, la possibilità di rinnovare i contratti senza restrizioni potrebbe incentivare le aziende a utilizzare contratti a termine come norma, piuttosto che come eccezione, riducendo le opportunità di assunzione a tempo indeterminato.

In sintesi, mentre l'abrogazione parziale delle norme potrebbe sembrare vantaggiosa per le aziende in termini di flessibilità, è fondamentale considerare come queste modifiche possano impattare negativamente sui diritti e sulla sicurezza dei lavoratori. È importante trovare un equilibrio che tuteli sia le esigenze delle imprese che i diritti dei lavoratori, garantendo un mercato del lavoro equo e sostenibile.





Quesito n. 4 -  «Esclusione della responsabilità solidale del committente, dell'appaltatore e del subappaltatore per infortuni subiti dal lavoratore dipendente di impresa appaltatrice o subappaltatrice, come conseguenza dei rischi specifici propri dell'attività delle imprese appaltatrici o subappaltatrici: Abrogazione»

Testo del quesito«Volete voi l’abrogazione dell’art. 26, comma 4, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, recante “Attuazione dell’articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro” come modificato dall’art. 16 del decreto legislativo 3 agosto 2009 n. 106, dall’art. 32 del decreto legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito con modifiche dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, nonché dall’art. 13 del decreto legge 21 ottobre 2021, n. 146, convertito con modifiche dalla legge 17 dicembre 2021, n. 215, limitatamente alle parole “Le disposizioni del presente comma non si applicano ai danni conseguenza dei rischi specifici propri dell’attività delle imprese appaltatrici o subappaltatrici.”?»

Ripeto la stessa domanda: cosa ci avete capito? Sicuri che sia vantaggioso per i lavoratori il si?

L'abrogazione di questo articolo potrebbe portare a una serie di problematiche significative per la sicurezza e la responsabilità nel settore delle costruzioni e dei servizi. In primo luogo, le imprese appaltanti non hanno sempre la competenza specifica per gestire i rischi legati alle attività delle imprese appaltatrici o subappaltatrici. Queste ultime, infatti, sono specializzate e formate per affrontare i rischi specifici del loro settore, e pertanto dovrebbero essere le uniche a rispondere per eventuali infortuni che si verificano durante l'esecuzione dei lavori.

Infine, l'abrogazione di questa norma potrebbe creare confusione e incertezze legali, complicando ulteriormente le dinamiche di responsabilità tra le varie parti coinvolte. Questo non solo danneggerebbe i lavoratori, ma potrebbe anche portare a contenziosi legali più frequenti e complessi, con un impatto negativo sull'intero settore.

In sintesi, mantenere l'articolo 26, comma 4, è fondamentale per garantire la sicurezza dei lavoratori e per promuovere una cultura della responsabilità condivisa nel settore delle costruzioni e dei servizi.



 

II) Referendum sulla cittadinanza italiana

Quesito n. 5 - «Cittadinanza italiana – Dimezzamento da 10 a 5 anni dei tempi di residenza legale in Italia dello straniero maggiorenne extracomunitario per la richiesta di concessione della cittadinanza italiana» 

Testo del quesito«Volete voi abrogare l’art. 9, comma 1, lettera b), limitatamente alle parole “adottato da cittadino italiano” e “successivamente alla adozione”; nonché la lettera f), recante la seguente disposizione: “f) allo straniero che risiede legalmente da almeno dieci anni nel territorio della Repubblica.”, della legge 5 febbraio 1992, n. 91, recante nuove norme sulla cittadinanza”?»



QUESTO E’ IL VERO OBBIETTIVO CHE I PROMOTORI VOGLIONO RAGGIUNGERE: REGALARE LA CITTADINANZA, gli altri quattro quesiti sono solo specchietti per allodole.

 

Il quesito referendario sulla cittadinanza italiana, che propone di ridurre il tempo di residenza legale per gli extracomunitari da dieci a cinque anni, solleva interrogativi significativi e merita un'analisi critica.

In primo luogo, è fondamentale considerare le implicazioni di una tale modifica. La concessione della cittadinanza non è solo un atto burocratico; rappresenta un riconoscimento di appartenenza a una comunità, con diritti e doveri che ne derivano. Dimezzare il tempo di residenza per ottenere la cittadinanza potrebbe portare a una rapida integrazione di milioni di extracomunitari, ma è lecito chiedersi se questo processo avvenga in modo adeguato e sostenibile. La cittadinanza non dovrebbe essere vista come un premio da distribuire, ma come un traguardo che richiede un reale impegno verso la cultura, i valori e le leggi italiane.

In secondo luogo, c'è una preoccupazione legittima riguardo all'uso politico di questa misura. La sinistra, che spesso si presenta come paladina dei diritti umani e dell'inclusione, potrebbe avere un interesse strategico nel favorire l'accesso alla cittadinanza per un numero così elevato di nuovi cittadini. Una volta ottenuta la cittadinanza, questi individui diventerebbero elettori, influenzando l'orientamento politico del paese. Questo solleva interrogativi etici: stiamo davvero promuovendo l'inclusione e l'integrazione, o stiamo semplicemente cercando di aumentare il bacino elettorale per fini politici?

Infine, è importante considerare le conseguenze sociali di una tale decisione. La rapidità con cui si concede la cittadinanza potrebbe generare tensioni all'interno della società, specialmente in un contesto in cui molti italiani si sentono già in difficoltà a causa di problemi economici e sociali. La percezione di una "cittadinanza facile" potrebbe alimentare sentimenti di ingiustizia e divisione, piuttosto che promuovere una vera coesione sociale.

In sintesi, il quesito referendario sulla cittadinanza italiana merita una riflessione profonda e critica. È essenziale valutare non solo le intenzioni dietro questa proposta, ma anche le sue potenziali conseguenze a lungo termine per la società italiana. La cittadinanza è un valore prezioso e deve essere trattata con la serietà e il rispetto che merita.

 

ED E' PER QUESTO CHE E' FONDAMNETALE DISERTARE LE URNE!

ANDATE AL MARE!!!

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