Report, Ranucci, Rai3

Pubblicato il 15 maggio 2025 alle ore 10:24

Report e Ranucci:

Il giornalismo d'inchiesta o propaganda unidirezionale?

Di seguito un'analisi critica dell'approccio editoriale della trasmissione e del suo conduttore

 

La professionalità giornalistica si misura dall'imparzialità con cui vengono trattati i fatti e dalla capacità di puntare i riflettori su tutte le aree di potere, indipendentemente dal colore politico. È con questa premessa che diventa necessario analizzare criticamente l'operato di Sigfrido Ranucci e della sua trasmissione "Report", programma che si presenta come baluardo del giornalismo d'inchiesta italiano ma che mostra evidenti segni di faziosità.

 

L'episodio più recente che solleva interrogativi riguarda l'annunciato servizio sulle presunte connessioni dell'Inter con la criminalità organizzata. Un'inchiesta che avrebbe dovuto svelare debiti, gestioni disastrose e irregolarità tali da meritare, secondo gli standard applicati ad altre realtà sportive, pesanti penalizzazioni. Eppure, come già accaduto in passato, il servizio è stato inspiegabilmente cancellato dalla scaletta.

 

Non si tratta di un caso isolato. La trasmissione ha più volte anticipato "rivelazioni esclusive" sulle presunte malefatte della società nerazzurra, per poi far "saltare" sistematicamente tali approfondimenti. Un modus operandi che suscita legittimi dubbi sulla trasparenza editoriale di una trasmissione che dovrebbe rappresentare il servizio pubblico.

 

L'osservazione più preoccupante riguarda tuttavia la direzione univoca delle inchieste di Report. Un'analisi anche superficiale della programmazione rivela uno squilibrio evidente: la quasi totalità dei servizi punta a smascherare presunti scandali, irregolarità e comportamenti discutibili di esponenti del centrodestra o di realtà ad esso vicine.

Nel frattempo, il panorama politico italiano offre quotidianamente notizie di indagini, comportamenti opachi e questioni critiche che coinvolgono personalità ed amministrazioni di centrosinistra. Eppure, queste realtà sembrano godere di una sorta di "immunità investigativa" all'interno del programma condotto da Ranucci.

 

La posizione privilegiata di Report - trasmesso sulla rete pubblica e finanziato dal canone - imporrebbe un rigore particolare nell'equilibrio delle inchieste. La faziosità evidente solleva interrogativi non solo sulla professionalità del conduttore ma anche sulla responsabilità della Rai nel permettere che una trasmissione d'inchiesta si trasformi in uno strumento di propaganda politica unidirezionale.

Il giornalismo d'inchiesta ha la nobile funzione di fare luce sugli angoli bui del potere, qualunque sia la sua natura. Quando questa luce illumina sistematicamente solo una parte della scena, lasciando l'altra nell'ombra, non si tratta più di giornalismo d'inchiesta ma di operazione politica mascherata.

 

La credibilità di Report e del suo conduttore potrebbe essere ristabilita solo attraverso un rigoroso riequilibrio nell'approccio investigativo. Solo quando le inchieste colpiranno con pari determinazione e profondità tutte le aree di potere, indipendentemente dalla loro collocazione politica, potremo parlare di autentico giornalismo di servizio pubblico.

 

Fino ad allora, è legittimo considerare la trasmissione non come un prodotto di giornalismo investigativo imparziale, ma come un'operazione mediatica di parte che utilizza la denigrazione selettiva come strumento di comunicazione politica. Una deriva preoccupante per chi attribuisce al giornalismo il compito fondamentale di cercare la verità senza pregiudizi e senza agende nascoste.

 

G.B.

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